61. MOTORI PRIMI

 Nulla si può sapere del Reale né di alcuna faccenda che non sia dell’ordine del linguaggio, quando anche il linguaggio matematico ha bisogno di quell’ordine come metalinguaggio al livello assiomatico e la logica rappresenta solo un sacrosanto limite del pensiero all’incontro con “la Cosa in sé”, ovvero con il Reale.

 Tuttavia, la psicanalisi ha individuato nella “pulsione” un effetto del linguaggio come corrispondenza del Reale dentro di noi, il nostro Reale, tanto irriducibile al senso da apparirci nello stesso tempo estraneo. Eppure, questo fenomeno epifanico fa sì che il linguaggio umano non necessiti, fino a prova contraria, di assiomi per funzionare alla meno peggio e rappresentarci nel mondo.

 La pulsione, originata forse da una intempestiva maturazione degli istinti anche sessuali nella genealogia della razza umana e poi dalla presa del linguaggio sul corpo, non solo sfugge al senso (e al sesso per com’è pensato, il che è lo stesso…) puntando verso le mete più impensabili ed assurde, ma il giro delle sue mete di godimento è completo, non manca di nulla: Lebenstrieb e Todestrieb non lasciano spazi vuoti.

 È sempre sbagliato parlare di pulsioni al plurale riferendoci alle mete, perché c’è una sola meta della pulsione, possiamo chiamarla l’eccezione, il fuori senso (sessuale) o il non-tutto, un negativo che dà senso alla struttura, mancanza fondamentale il cui positivo è tutto il resto. Il che rende conto della difficoltà del suo appagamento come della tendenza maniacale al “plusgodere”, ibrida prerogativa umana che ci fa emergere sui poveri animali immersi nell’insaputa, innocente (e immortale) Lebenslust vigente nell’Eden in cui sono rimasti.

 Per tutte le altre spinte da cui le motivazioni possono trarre energia si può continuare a parlare di istinti, essi sì riconoscibili sulla base delle loro mete.

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