102. MORTE

 Non può darsi Arte vera, seria, che in un momento di sospensione o di eccezionalità del senso, quando la parola e la sua padronanza vacilla, come dire che non può darsi Arte che al cospetto della morte: di buono che può esserle ascritto è il suo rovescio che torna nel senso, come “ciò che va al di là”.

 Ma l’opposto della morte è il desiderio e l’amore, non la “nuda vita” individuata da Giorgio Agamben, mortificata tra filogenesi e ontogenesi.

 In questa affermazione che è nell’amore l’essenza della vita, si supera oltretutto la grande banalità nietzschiana della dicotomia tra nihilismo e vitalismo, indifferentemente che si faccia risalire il vitalismo a superomismo, amor fati o “eterno ritorno”.

 L’estremismo del coreografo Balanchine la diceva lunga: “Non voglio danzatori che vogliano ballare ma danzatori che devono ballare perché altrimenti morirebbero”.

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