116. APODITTICA

 Parmenide e Lacan. “C’è dell’Uno”.  Detto in altre parole, non c’è soggetto senza oggetto ed oggetto senza soggetto. In altre parole ancora: l’essere è se c’è qualc-uno, al costo di essere un  due. Va bene, non si discute, il Tutto è uno, altrimenti non sarebbe tutto, ma è una verità tautologica ancorché ontologica e perciò metafisica dall’inizio alla fine: non funziona più appena si passa all’episteme vera, un essere di domanda fatalmente inevasa.

 Nell’etica di Lacan di kantiano rimane l’orientamento alla politica.

 Identità. Che sciocchezza per tutto ciò che non sia un partito politico!

 Ogni nobile mobilitazione, anche quella ecologista attuale, può essere una fuga e un alibi per evitare l’etica soggettiva.

 Inconscio. Cos’è? L’insufficienza della nostra lingua (a poter dire il godimento) dopo il tentativo del Fallo di nasconderla.

 

 Psicanalisi. Cos’è? L’unico oggi possibile (e spericolato) esperimento di verità (del godimento). A cosa serve? A trasformare la borghesia in qualcos’altro. Vuol dire che le nevrosi (non le psicosi) allignano più spesso nella borghesia? L’individualismo e l’ansia di avere e sembrare invece che essere, lo fanno pensare.

 Di solito, per non perdere qualcosa, si perde tutto. È anche il problema politico della Sinistra oggi?

 Non solo le fatiche e le difficoltà fisiche della nostra vita, ma anche le asperità e le fastidiosità morali saranno forse prese in carico come paradigmi dalle macchine digitali o magari quantiche. Eccetto le perversioni troppo appassionate a fronte della Legge sintattica: così si può essere certi che il soggetto vivrà.

 Conciliare lavoro fisico e intellettuale non smette di essere un problema delle donne più che degli uomini ed è uno di tanti segni dell’indubitabile maggiore adeguatezza delle donne alla vita.

 Religione, scienza, psicanalisi. Siano modi pratici tra altri per trattare il limite, non per superarlo. Il senso è della mancanza, non dell’essere.

 Jung. Collettivo è in gran parte l’Immaginario, non l’inconscio che non esiste se non si manifesta.

 Le grandi religioni andrebbero trattate con riguardo (se non ci rompono troppo le scatole), non solo perché dimostrano che un desiderio profetico può cambiare la condizione umana nella Storia, ma anche perché continuano a supplire diligentemente alle piccole o grandi superstizioni che, eterne e connaturate come sono, potrebbero irrompere in forme imprevedibili.

 Siamo figli di errori, se non altro degli errori nelle informazioni filogenetiche, avviati all’ontogenesi nell’eccezione. Tutto ciò che viene detto normale risponde ad eccezioni.

 Di là dell’apparenza, ogni pratica erotica è nel diritto autoerotica e nel rovescio omosessuale. Comprenderlo, tra proiezione e introiezione, apre alla complicità erotica per supplire all’impossibilità del “rapporto” sessuale e giocare allo spariglio.

 Eccetto che nel sogno e nella psicosi, si discute di sé e del senso della vita con l’Altro, non senza raccontargli qualche balla. Dice Lacan: “Dal sogno ci si sveglia per continuare a sognare”. Cosa? Di poter accedere direttamente dal sogno al discorso che seduca l’Altro. Non cambia molto: è solo che nel sogno e nel delirio ogni personaggio, addirittura ogni oggetto, può essere sia il soggetto che l’Altro e di balle se ne raccontano meno. Anche se sempre si vuole riempire la mancanza. Invece una buona vita, fatta salva proprio la mancanza, è disposizione all’evento, anche fatto di parole, in un dialogo con chi dal sogno ci sveglia.

 La via del sapere è nel territorio del linguaggio e va verso la metafora, là dove il senso si crea dal non senso, oppure è nella metonimia, dove il semi-senso prediletto da Lacan vivacchia nella Verschiebung. Ma la via della felicità e dell’amore è verso l’intesa sul non sapere.

 Godimento. Non può esistere che gratis, proprio in un mondo dove niente è gratis. Il Reale non è un contabile.

 Fuori dal luogo del linguaggio simbolico, tra gli animali, l’evento si rap-presenta in un altro evento e non c’è la morte di cui pensiamo di avere conoscenza; nel luogo del linguaggio, dove l’evento si rappresenta nell’Altro, non c’è la morte di cui pensiamo di avere conoscenza.

 Dualismo. Shahrâzâd si pone come Altro, non vuole sedurre il sultano, vuole solo tenerlo buono.

 Non c’è verità più vera dell’apparenza. Una rap-presentazione è tempo presente in un luogo. Un’illusione ottica è un’illusione, ma è ottica.

 Psicosi. Certuni si specchiano nell’Altro espulso da sé stessi, non in tutti gli altri com’è ragionevole.

 Nevrosi. Il desiderio ossessivo di ripetere l’illusione e il desiderio isterico di ripetere la delusione trasformano il nostro tempo (evento, Reale…) in Storia (fallica).

Topologia. C’è un interno e un esterno? La Libido ci dice di sì nelle “zone erogene” dove si toccano Reale e Immaginario, come nelle malattie. Senza di ciò, a rigore, non lo si può decidere.

 La legge (e la Civiltà) è del più forte. Certo. Meno male che la Legge simbolica, quella della mancanza e del desiderio è di tutti.

 Quando Lacan enuncia “Moi, la verité, je parle” è perfettamente credibile per il fatto che parla invece di dire (la verità di sé, un deludente “vero sul vero” …). Lo sarebbe anche se straparlasse. È ciò che non piace al filosofo come non piace al bambino sospettoso che la mamma voglia imbrogliarlo nel nascondere la verità del suo desiderio nelle parole.

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