128. RIPETIZIONE

 La ripetizione freudiana come messa in forma della pulsione di morte è la nostra più comune ed estesa maniera di vivere nel tempo. È il comfort: sperimentare il più possibile ciò che della vita, nel bene e nel male, pensiamo di conoscere già l’esito, sapere come andrà a finire. E forse non sappiamo dove vanno a finire tutte le cose della vita?

 Il tempo verbale del futuro anteriore bene rappresenta il bisogno divinatorio che si oppone all’evento il cui tempo è il futuro semplice in cui si esclude il sapere del dopo. È ben vero che si desidera sapere per godere, ma “o si sa o si gode”, un po’ prima o un po’ dopo, è la logica temporale di Eva e della mela.

 Le nostre pratiche “perverse” sono ripetitive perché non soddisfano e non soddisfano perché si fermano sulla soglia del sapere prima di oltrepassarla ed entrare nella verità del desiderio inconscio trapassando il fantasma. Sono pratiche, azioni, già da prima compiute progettualmente, ri-sapute, al riparo dalla tyche, pronte per essere raccontate come sbalorditive. Che goda l’Altro, così noi godremo a vedere l’effetto che fa e a narrarcelo… Mentre il tempo dell’orgasmo è quel tempo, si badi, che è stato prima del linguaggio e pertanto riferibile a una alogia extra-inconscia ai margini del non- sapere assoluto, vuoto di senso.

 La struttura della “perversione” è di sapere e il sapere stesso risponde più direttamente a Thanatos che ad Eros.

 Ma a questo punto va anche detto che una filosofia morale intorno all’erotismo dovrebbe cominciare con l’affermare che veramente perverso, connotazione morale negativa senza virgolette, può essere solo un comportamento ostile al desiderio, per sua natura “eccentrico, scandaloso” e siderale, per obbedienza invece a forze centripete orientate a disconoscere il soggetto (della mancanza) e a perseguire il ripiegamento della vita in sé, pericolosamente normalizzata e forse autoimmunitaria contro di sé.

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