Il soggetto è effetto di significante entro la struttura del linguaggio, pertanto significante esso stesso, non aprioristico e non dotato di alcun valore indipendente dalle relazioni tra significanti, ma significante sfuggente e nello stesso tempo onnipresente negli intervalli che supportano quelle relazioni, perciò condizionato di ritorno dall’immaginario, dai significati. Per esempio dalla tecnologia.
“Cosa rappresenta un significante? Rappresenta il soggetto per un altro significante”.
Si tratta del soggetto di quel discorso umano che, tentando di dire il suo desiderio all’Altro, produce parvenze di sapere e verità mentre egli stesso è prodotto, meglio, provocato, da un discorso che ode venire dallo stesso Altro e che gli sembra promettere del godimento.
Non potrebbe lo stesso famoso aforisma di Lacan interessare l’Altro come il soggetto, non potremmo, cioè, sostituirvelo retoricamente o logicamente? Beh, mancherebbe l’ambiguo effetto di Reale, il godimento significativo, che l’Immaginario primordiale assicura al Simbolico nel nodo borromeo; e il nodo stesso diventerebbe metafisico, insensato e asessuato con un soggetto fatto altro dell’Altro.
Riferendoci per metafora a un modello cibernetico, il flusso relazionale di informazione tra il significante e il suo referente inteso (strutturalmente) come significante ulteriore (S1-S2, abbrevia Lacan…) produce il soggetto come ciò che (nel godere) resiste alla perfetta reversibilità, creando un senso nei flussi mentre vi soggiace: ma è il Reale del godimento che fa ostacolo alla reversibilità in una mancanza o incompletezza dell’Altro che infatti, funzione di squilibrio simbolico e non entità, senza la zavorra dell’Immaginario, non sa nulla di decisivo sul godimento. È ciò che, per esempio e al minimo, prima di ogni idea trascendentale, causa ad uso dell’Immaginario l’idea di direzione destra/ sinistra, incomprensibile fuori dall’umano. La direzione del senso è dal soggetto all’Altro, ma cosa determina il flusso?
Il soggetto, che vuole prevalere, cioè godere nella struttura, è un attrito che Lacan fa risalire a un difetto, un resto insignificante nella struttura, oggetto-significato che pertanto non vi può essere e non c’è. C’è un buco i cui orli chiama oggetto (a) dopo che Freud li ha chiamati libido.
La Cosa, il nostro Reale, è quel buco che gli istinti, sottratto l’orlo simbolico (e topologico…) che definire oggetto sarebbe improprio, non saprebbero mai riconoscere: ci mancherebbe, sarebbe la regressione all’animalità! Che vi immaginiamo di tutto e prima di tutto il Fallo, è un altro discorso. È il discorso del desiderio.
Siamo sempre là, intorno al mito della pulsione, che non avrebbe ragione d’essere se il linguaggio sapesse dire il rapporto sessuale che non esiste, e siamo al mito del desiderio e dell’inconscio che non esisterebbe se non esistesse, per supplenza di quel rapporto, il linguaggio simbolico, extra-istintuale.