Nell’allucinazione primitiva e generale che fa posto al desiderio, Il padre non proibisce al bambino di godere della madre (nel corpo), ma alla madre di godere del bambino (nella parola).
Inoltre è dubbio che l’odio del maschietto per il padre superi quello che è nell’ambivalenza dei sentimenti paterni verso l’erede, lo scudiero e forse il rivale. Certo, Isacco la scampa, ma poi deve rigar dritto…
Anzi che conoscere il padre che inevitabilmente conosceranno come fantasma fallico, il bambino o la bambina conoscono Ananke, la dea della necessità immotivatamente punitiva in cui riconoscere la madre che non risponde, che si assenta dal godimento senza un plausibile perché.
Sarebbe bene che per il bambino o la bambina la risposta a venire non sia tanto la presenza imperiosa di Laio o quella illusoria di una Giocasta che gli preferisca la figliolanza (non porta bene né a Eteocle né a Polinice né ad Antigone e neanche a Ismene), quanto la dea Tyche della fortuna e della contingenza, semplicemente alternativa ad Ananke… E’ un’utopia, ma non vanno sottovalutate le risorse che le madri hanno sempre mostrato di avere per destreggiarsi tra le parole imperiose degli uomini.