Un antico pittore giapponese di ispirazione Zen scrisse che l’arte della pittura è l’arte di staccare il pennello e riporlo. Sospendere, astenersi: la significazione si crea nel bianco della carta dove il segno svanisce.
Questo è vero per ogni genere d’arte: la più ambiziosa e spericolata espressività sarà sempre direttamente proporzionale alla sobrietà dello stile e inversamente proporzionale alla decorazione e alla rifinitura.
La significazione è l’efficacia con cui un evento di coscienza viene rappresentato nella coscienza, viene a posizionarvisi, e l’espressione è ciò che vogliamo o possiamo farne immettendolo in un senso che è quello della vita, per Lacan esercizio di desiderio, legge e godimento (più per noi occidentali, perché in Oriente il desiderio è abbastanza sostituito dalla tradizione). Sempre di discorsi si tratta.
Anche una seduta psicanalitica mette alla prova il saperci fare artistico nel dover significare, cioè circoscrivere nella coscienza qualche evento cruciale fino allora ineffabile ed esprimere ciò che se ne vuole fare rispetto il senso da dare alla propria vita, perciò l’invenzione lacaniana di far dipendere la durata della seduta da un tempo logico che dà la “misura” e non crono-logico dato dalla misura, è giustificata. Lo stacco che individua la “parola piena” come significazione soggettiva, cioè destinata a portare il peso di una responsabilità dell’inconscio, ma anche il suo rovescio, il silenzio analitico, lo svanimento, è l’interpunzione contingente nel tempo e necessaria nel senso affinché il discorso salga di tono nella successiva seduta secondo la sua produttività al di là della chiacchiera.