L’intellettuale, l’uomo seduto allo scrittoio, sempre un po’ vergognoso per la postura che avverte come poco eroica oppure, ed è lo stesso, poco erotica (è rarissimo l’intellettuale intimamente fiero di sé in quanto tale: l’unico a venirmi in mente è Edward Gibbon), di rado nutre un grande transfert per i maestri intellettuali, per i grandi “soggetti supposti sapere” nei quali ha trovato fonti ed ispirazioni da non sempre evidenziare, anzi, spesso nutre per essi un transfert negativo.
Nutre invece un transfert autentico per l’uomo d’azione, per colui che non deve frequentare il dubbio per corteggiarne la sposa, la verità. Per colui che sa fare tutt’uno di etica e desiderio. Per trovare qualche intellettuale in equilibrio con l’idea di sé meglio andare dalle parti dei Gesuiti.
Dice Freud: “… perfino i grandi criminali ci avvincono per la coerenza narcisistica con cui sanno tenere lontano tutto ciò che potrebbe rimpicciolire il loro Io. È come se li invidiassimo perché hanno saputo serbare una condizione di beatitudine psichica, un assetto libidico intangibile al quale noi abbiamo rinunciato da tempo”.
L’intellettuale ama quell’avventuriero libero da rovello, l’improbabile Lebensmann che, oltretutto, non gli farebbe concorrenza qualora lo eleggesse a personaggio di un romanzo, anzi, garantirebbe il suo godimento autoriale senza le incertezze di troppo psicologismo. Goethe ama Napoleone e disprezza l’intellettualismo di Amleto. Amore di transfert, perciò innamoramento che, per sua essenza e qualità, esclude fatalmente ogni possibilità di essere ricambiato.
Alla parola “intellettuale”, la mano di un tizio andava alla pistola, un’esagerazione che occulta la verità per cui “res, non verba!”, salvo circostanze eccezionali, non può essere altro che il motto di chi vorrebbe uscire da sé stesso con il solo esito possibile di alienarsi in qualcuno rappresentato da altre parole: il gangster Goebbels era un confezionatore di parole, prima vi si avviluppava e poi le consegnava al Volk e al suo Führer. Non se ne esce.
Ma forse l’intellettuale ama il tipo umano vitalista e pragmatico, che sembra definirsi da sé, anche per il sollievo di non dover faticare troppo per comprenderlo e descriverlo nella sua soggettività.
Sembrerebbe che oggi di questa “attrazione fatale” si vergogni come di un approccio troppo superficiale relativamente alla sua funzione di intellettuale, ma probabilmente scambiando il faticoso rispetto etico freudiano delle individualità soggettive per il rovello individualistico e autoreferenziale borghese volto ad evidenziare le passioni al fine di appiattirle, che spesso ha preso nome di psicologia. Mentre non solo i grandi romanzieri inglesi del ‘700 presentano tranquillamente una Moll Flanders, una Pamela o un Tom Jones come paradigmi universali, nella giusta distanza, ma ancora Schiller costruisce la psicologia del suo eroe, Karl, distrattamente, tanto per accontentare il suo pubblico femminile che agli eroi è disposto a credere, ma fino a un certo punto.
Con l’avvento della post-modernità, cioè con l’avvento della borghesia al potere incontrastato, l’intellettuale si caratterizza per l’ansia di collocarsi funzionalmente in un ruolo nel nuovo sistema della produzione/comunicazione/consumo che non lascia scampo ideologico ma che egualmente non manca di stabilire gerarchie e gradualità di accesso al godimento (presunto tale). L’intellettuale moderno si trova spesso confinato nella posizione oggettiva del piccolo borghese, così, se non gli riesce facilmente il salto di ceto, vuole almeno, come si usa, sbalordire il borghese più grande. In questo esercizio è aiutato dal tardo Romanticismo, ancora in atto come correttivo della piatta oculatezza calcolatrice borghese, tanto che difficilmente resiste alla tentazione di proporsi egli stesso come eccentrico personaggio letterario. Non manca neanche il caso del genio manqué che vuole fare lo psicanalista immaginando che nella psicanalisi ci sia la scorciatoia per entrare nella sfera dell’egemonia borghese in relativa posizione di forza a far leva su immancabili debolezze individuali.