Io e voi possiamo tranquillamente proferire qualche discreta verità. In due e due quattro.
La difficoltà è farle toccare qualche “lembo di Reale” così che vi possa agire per qualche ritorno non del tutto futile o inutile nel mondo del soggetto che la proferisce: il progresso, diciamo. Allora bisogna mettersi i sandali e andare a predicare nel mondo per una decina d’anni; oppure, anche “per far lavorare gli universitari”, come disse Lacan, pubblicare un librone di almeno mezzo chilo con un editore che disponga di una certa distribuzione. E nessuna certezza per l’esito.
Anche le “idee/forza” di Alfred Fouillée sono effetti dissipatori del linguaggio colonizzato dal discorso del padrone, lettera che passa acriticamente al significato sociale, resti o virus simbolici, causa talvolta solo di danni collaterali nell’essere entrati in cortocircuito con il Reale nella Storia. Solo a posteriori e di rado, rivestendosi in forme editoriali, danno luogo a “tipi ideali” nella terminologia weberiana. Riassemblaggi di sembianti in quella lacaniana.
Invece il bello degli aforismi è che una loro verità, se c’è, tiene la giusta distanza dalla possibilità di persuadere qualcuno di qualche dottrina o dalla possibilità grandemente illusoria di dare adito a cambiamenti veri nella rappresentazione della realtà, anche se forse tiene la detta distanza provvisoriamente, con la fiducia che qualcuno possa dare ad essi aforismi un corpo fatto di argomentazione ed energia sufficiente e sia preso dalla voglia di farlo.
Così talvolta si apre una vera percorribile “radura” nella selva dei discorsi umani, dandone allegramente per scontate le aporie inevitabili. Ciò non vuol dire che si debba passar sopra a contraddizioni logiche, al netto di ambiguità terminologiche e della complessità degli argomenti: anzi, se in queste meditazioni aforistiche ne trovate, ed è più che probabile che ciò accada, vi prego di segnalarle a: redazione@lacanianaminima.eu