Degli uomini di cultura famosi spesso non si è gelosi tanto della cultura quanto delle mogli.
Emblematico ma troppo viziato d’immaginario il caso di Arthur Miller e della Marilyn Monroe.
Per mio conto sono geloso soprattutto di un aspetto, una qualità e un raggiungimento di Albert Camus: la sua sposa sublime Francine Fauré, “la Donna” che non esiste. Gli invidio la realizzazione del mio stesso sintomo. Un altro esempio? Sophia Engastromenos Schliemann, la moglie del bizzarro archeologo. O Frances Blogg Chesterton. O ancora, Michelle Robinson Obama.
Resta che questo fantasma della donna ideale, peraltro fantasma casto, è spesso la moglie di un altro in cui ci si identifica tanto facilmente da rendere incerto quanto anche per lui essa sia un fantasma ideale. La Donna. Già, cos’è una moglie? Non ricordo in quale film del genere commedia italiana un marito si apprestava a divorziare con molto distacco affermando che “tanto, la moglie non è una parente!”.
Il IX Comandamento del Decalogo morale è tradotto per la tradizione cattolica essendo stato stralciato dalla lettura originale del X (XVII in Esodo, XXI in Deuteronomio, per una suddivisione ordinale che in ebraico non c’è…) in cui una donna era detta d’altri in base a un generico diritto di proprietà di beni oggettuali a fondamento della famiglia. Ne possiamo trovare un’estensione o un rovescio nella distribuzione delle donne tra tutti gli uomini propugnata nella “Repubblica” di Platone. Un possesso collettivo che, al di là della problematicità che sfiora il delirio, ha ispirato qualche utopista e intrigato perfino Marx, avendo peraltro già trovato un rovescio ulteriore nella commedia di Aristofane “Le donne al parlamento”, in cui sono le donne ad avere una specie di possesso collettivo degli uomini in simmetria e, per la storia, in perfetta contemporaneità con lo scritto dell’inquieto filosofo ateniese.
Tornando alla realtà, quale può essere la qualità fantasmatica che fa apparire in una donna vietata, invece che in quella che ci sta accanto, la Donna Ideale, a parte, anche nei casi citati, la straordinaria bellezza? Si sa, “dove c’è una proibizione c’è un desiderio”, ma in questi casi ogni desiderio triviale è smentito sul versante di una rappresentazione sublime: si tratta senz’altro di un rifiuto del difetto di soggettività che caratterizzerebbe nelle origini il matrimonio religioso, ma quale inedito dato soggettivo mettiamo in quel vuoto che abbia il potere di farci prendere lucciole per lanterne? Quale arcano lega i due che infine rappresentano l’impossibile superamento di due principi contrapposti, natura e cultura? L’endiadi improbabile di devozione e fedeltà, credo, vista in lei ma forse ancor di più in lui, quella faccenda rarissima sul versante maschile, tanto rara da suggerire a Freud il tema del saggio “Sulla più comune degradazione della vita amorosa”, tanto rara da rimandare altrimenti a cause peregrine e misteriose; endiadi che una volta Gianni Agnelli, intervistato da Biagi, addirittura escluse ci possa essere, dichiarando serafico di essere stato tuttavia un “marito devoto”…