85. CONCORRENZA LEALE

Si sa che talvolta abbiamo più bisogno di un senso della vita che di pane.

 Nel mercato del Senso l’offerta più collaudata che viene dalla religione si rivolge oggi a una domanda non più fidelizzata come una volta, distratta com’è dai gadgets offerti a piene mani dal capitalismo con la mediazione degli incredibili testimonials e influencers garanti del senso. Non senza il supporto della pubblicità che si pone al contempo come l’ultima forma d’arte rimasta direttamente evocativa di un senso possibile (alla stregua delle prime preistoriche forme d’arte) e, in quanto menzogna sacrale istituzionalizzata, il più straordinario e patente scandalo morale dell’epoca.

  In questa post-moderna distribuzione di senso, oltre a qualche piacere chimico e al senso della vita offerto dalle più svariate psicoterapie da incartare e portar via ancora caldo, anche le suggestive storielle New Age, le” religionine”. Mi pare peraltro che il servizio pubblico della RAI dia ancora spazio all’oroscopo astrologico…Beh, avrà qualche dignità antiquaria, più di altre divinazioni fasulle.

 Il male del consumismo non è nella mancanza di sobrietà generalizzata, nessuno probabilmente è disposto a rinunce orizzontali e indiscriminate degli agi che il sistema offre come risposta ai desideri oltre che ai bisogni, ma nell’indifferenza e tolleranza acritica verso il genere di ciarpame etico, ovvero narrativo/valoriale, che viene offerto a monte e a valle delle nostre scelte a loro volta impregiudicate con il dire che tutti i gusti sono gusti: smettere di giudicare moralmente i significati è la prima avvisaglia del disimpegno etico. Un primo discrimine sarebbe forse tra l’interesse per i beni materiali e quelli immateriali. Il senso delle cose, per esempio.

 La domanda di senso è distratta anche e da più lungo tempo dal discorso della Scienza, che passa inevitabilmente, come Lyotard insegna, per frammenti scollegati e, in quanto tali, eterni stuzzicanti hors-d’oeuvre: in fatto di senso la scienza non arriva mai al dunque come vi arriva la religione, ma intanto ci aggancia nella tecnologia facendoci dimenticare questo difetto. Ai dispositivi di ormai irrinunciabile uso quotidiano, integrabili, secondo una vulgata recente, per dare forma alla cosiddetta Intelligenza Artificiale, ancora non chiediamo lumi sul senso da dare alla vita. Ma forse manca poco.

 Sul piano della domanda e dell’offerta del senso è invece forte l’irritazione delle Chiese per una concorrenza della psicanalisi che appare agguerrita nello stesso loro settore specialistico, ancora laterale rispetto il consumismo, il senso della colpa di aver tradito la natura con la cultura, cioè di aver tradito il Reale divino nella specie dell’Eden accettando la mela simbolica offerta da Eva. Oppure, laicamente, nella specie della “natura umana” sognata da umanisti illuministi tipo Rousseau.

 Ora c’è coesistenza, ci sarebbe battaglia in un mercato asfittico se la domanda ristagnasse, ma tutto fa pensare che la domanda crescerà, vista l’insensatezza dolorosa che, a lato del “senso comune”, spunta da ogni parte come sintomo dell’“epidemia dell’Immaginario” e chiede a gran voce sembianti di senso che garantiscano dignità di godimento incolpevole (purché ci sia, indifferente per ciò di cui si tratta): cosa se non dottrine escatologiche, metafisiche, scientifiche, in questo scopo accomunate, sembreranno in grado di fornire tali parvenze?

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