Il lascito in legato di Freud è stato l’enigma racchiuso nella formula di Anna O., “talking cure”: chi parla a chi di che cosa e a che scopo. Di chi è il sapere? Dato che il desiderio di sapere non si acquieta mai, a che serve? L’indecidibile ontologico della psicoanalisi come scienza del soggetto della parola tra genitivo oggettivo e soggettivo. Sì, la psicoanalisi resta l’unica possibile scienza del soggetto, ma resta anche il dubbio su quanto di realtà vi sia nelle parole.
Solo Lacan seppe impadronirsene per farlo fruttare anche come teoria non permettendo che si allentasse il nodo tra sintomo, sesso e linguaggio e non permettendo parimenti che uno psicanalista vero cedesse sulla “laicità” e sul “noli tangere”.
Al di là degli aspetti banalmente giuridici o deontologici di tale laicità, manteneva costante, talvolta sottotraccia, il filo conduttore della critica ai concetti di guarigione e di normalità psichica individuando, nello sfondo di un “senso comune”, la matrice psicotica del senso a tutti i costi e la matrice, facilmente fascista, di ogni norma di vita.
Il lascito in legato di Lacan però è l’enigma della jouissance (di Joyce, per esempio?) a fronte del plus-de-jouir, due faccende che, risalendo alla Cosa attraverso le zone erogene del corpo, trovano di che distinguersi nella significazione del Fallo, in cui l’oggetto passionale prende il posto della Cosa così che castrazione simbolica e scacco sessuale facciano a loro volta posto alle supplenze immaginarie osservabili nei legami sociali. Desideri di amore e di morte, sublimazioni, perversioni, paranoie e nevrosi, tabù e feticci. Qual è il giro del godimento? Come e perché il Simbolico presiede al processo? Basta a spiegarlo il mito edipico come oltrepasso dell’Immaginario? A quanto del Reale supplisce il Simbolico là dove “lo buca”? Come situare il godimento in tutto ciò ed eventualmente come situarvi l’equivoco dell’amore?
Un enigma erotico che, come ogni altra questione al mondo, si fa anche questione politica: buffa questione, dato che in palio c’è il godimento, precisamente “ciò che non serve a niente”. Effetto, comunque, di Reale.
Fior di psicoanalisti si sono dati da fare per annacquare il pensiero di Freud, riuscendoci peraltro egregiamente specialmente nell’ambito culturale anglosassone.
Riusciranno gli psicanalisti ad annacquare il pensiero provocatorio di Lacan (che, è vero, ci rovescia addosso il Reale…) attentando al nodo edipico e pertanto simbolico tra desiderio Legge e godimento? Lo stanno facendo in mille modi, forse per piaggeria verso i neuropsichiatri, nel disconoscimento della Cosa reale in favore di un oggetto mentale come rovescio del soggetto e, non potendo allora fare molto altro, con il mimetizzarsi tra gli psicologi psicoterapeuti.
Se ne guardino, il nodo vitale di desiderio, Legge e godimento non è “borromeo”, è un nodo a trifoglio, non si scioglie che tagliandolo, ma senza molte possibilità di rimediare: resta come segmento psicotico o, dio non voglia, filo della Parca.