91. CHI DA’ LE CARTE

L’ironia oggettiva, inconsapevole, per cui il termine cinismo, dal significare la radicalità etica di un Antistene, è passato a significare l’indifferenza morale, tanto che la nobile parresia sembra aver figliato l’irrisione snob, non è né casuale né riferibile a un saldo di equivoci. L’impudente moderno non sarà nobile, però testimonia, se possibile, la verità più vera della modernità, una irresponsabilità come risposta etica alla padronanza del senso anonima e condivisa del tardo capitalismo, che completa il discorso del padrone classico disconoscendo del tutto i bisogni già barattati con desideri. Irresponsabilità che si manifesta nel buttare parole in libertà a contrarne altre che vengono da chissà dove, così tante che qualcuna forse colpirà il bersaglio.

 È la Nemesi o il destino ineluttabile della Verità che si moltiplica quando è intesa come primaria, un corrusco tesoro in sé esistente e nascosto da qualche parte, alla cui caccia possa dedicarsi indisturbato un Piero Angela, mentre essa è secondaria, eterno tentativo di rispondere solo alla ricorrente incertezza umana sulla portata pratica del desiderio e del pensiero. Incertezza aumentata, non diminuita dai tempi di Diogene, solo più negata (potremmo dire, stando a Nietzsche, in una fosca elaborazione del lutto per la morte del nostro Dio onnisciente e provvidenziale).

 Il cinico e il suo timido sodale, lo scettico, hanno un notevole supporto filosofico nel cosiddetto pensiero debole, l’aggiornamento etico più adatto alla modernità quando ci si è resi conto che la parresia stessa, oltre a risultare come sempre pericolosissima qua e là per il mondo, ha raggiunto il suo limite logico nella dispersione della parousia come non mai in un’infinità transitoria di rivelazioni e verità continuamente e comicamente presentate come assolute, alla stregua di quanto accadeva nelle dispute religiose, con la differenza, e neanche sempre, che quelle erano spesso cruente. Dipende anche dal non aver capito che la verità non è nascosta dietro le parole, dove c’è al massimo la Cosa incestuosa, ma tra le parole.

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